Hitler e gli animali
Come molti degli umani a lui simili,
Adolf Hitler usava epiteti animali per vilipendere altre
persone. Spesso chiamava i suoi oppositori "suini"
e "sporchi cani". I bolscevichi erano "animali"
ed i russi "un popolo bestiale", "una famiglia
di conigli" slavi che Stalin aveva plasmato in uno
stato totalitario. Dopo aver conquistato la Russia, Hitler
voleva che "i ridicoli cento milioni di slavi"
vivessero nei porcili. Chiamava i diplomatici britannici
"piccoli vermi", e per quanto riguardava gli americani,
"mezzi ebrei e mezzi negri", diceva: "hanno
il cervello di una gallina". Hitler ne aveva anche
per il suo stesso popolo, che definiva: "il grande
e stupido branco di montoni che è la nostra gente"
e, quando la sconfitta si stava avvicinando alla fine della
guerra, li accusava di non essere stati all'altezza della
sfida. Hitler chiamava le sue sorelle "stupide oche".
Comunque, qualsiasi limite il Volk germanico potesse avere,
Hitler credeva che la razza ariana/nordica
fosse infinitamente superiore al circostante mare di subumane
"mostruosità a cavallo fra l'uomo e la scimmia",
come rese chiaro in un discorso a Monaco nel 1927:
Vediamo davanti a noi la razza ariana che è chiaramente
la portatrice di tutta la cultura, la vera rappresentante
di tutta l'umanità. Tutta la nostra scienza industriale
è, senza eccezione, opera dei nordici. Tutti i grandi
compositori, da Beethoven a Richard Wagner sono ariani.
L'uomo deve tutto ciò che ha di importante al principio
della lotta e ad una razza che ha conquistato il successo.
Eliminate i nordici tedeschi e nulla rimane se non la danza
delle scimmie.
Hitler amava i cani, specialmente
i pastori tedeschi (considerava i boxer "degenerati")
e gli piaceva controllarli e dominarli.
Al fronte, durante la prima guerra mondiale, diventò
amico di un terrier bianco, Fuchsl (Volpino), che era scappato
attraverso le linee nemiche. Successivamente, quando la
sua unità dovette spostarsi e non si riusciva a trovare
Fuchsl, Hitler era sconvolto. "Gli volevo molto bene",
ricordava. "Ubbidiva solo a me".
Hitler spesso portava con sé un frustino per cani
e qualche volta lo usava per picchiare il suo cane nello
stesso modo morboso con cui lo usava suo padre per picchiare
il proprio cane.
Nel quartier generale del Führer durante la seconda
guerra mondiale, la femmina di pastore tedesco di Hitler,
Blondi, gli offrì la cosa più vicina all'amicizia
che egli avesse mai avuto. "Ma con i suoi cani, così
come con ogni essere umano con cui venisse a contatto",
scrive Ian Kershaw, "qualsiasi relazione era basata
sulla subordinazione al suo dominio".
Sebbene Hitler consumasse prodotti di origine animale come
formaggio, burro e latte, cercava di evitare la carne, per
placare il suo "stomaco nervoso". Soffriva di
disturbi digestivi ed occasionali dolori di stomaco, che
lo avevano afflitto fin dall'adolescenza ed anche di eccessiva
flatulenza e sudorazioni incontrollate.
La prima testimonianza dei suoi tentativi di curare i problemi
di stomaco controllando la sua dieta appare in una lettera
che scrisse nel 1911, quando viveva a Vienna: "Mi fa
piacere portarti a conoscenza che, tutto sommato, mi sento
già bene [...] Era solo un problema di digestione
e sto cercando di curarmi con una dieta di frutta e verdura".
Scoprì che quando riduceva l'assunzione
di carne, non sudava più copiosamente, e c'erano
meno macchie sulla sua biancheria intima.
Hitler si convinse anche del fatto che mangiare verdura
migliorasse l'odore delle proprie flatulenze, una condizione
che lo aveva stressato terribilmente e che gli aveva causato
molto imbarazzo.
Aveva una grande paura di contrarre il cancro, che aveva
ucciso sua madre e credeva che il mangiar carne e l' inquinamento
lo causassero.
Hitler però non rinunciò mai completamente
ai suoi piatti di carne preferiti, specialmente le salsicce
bavaresi, i fegatini, e la selvaggina farcita ed arrostita.
La cuoca Dione Lucas, che lavorava come chef in un albergo
di Amburgo prima della guerra, ricorda di essere stata chiamata
spesso per preparare a Hitler il suo piatto preferito. "Non
voglio rovinarvi l'appetito per i piccioncini farciti [piccoli
di piccione di circa quattro settimane]", scrisse nel
suo ricettario, "ma vi potrebbe interessare sapere
che era uno dei grandi piatti preferiti del Signor Hitler,
che spesso cenava all'albergo. Su, non prendiamocela con
un'ottima ricetta".
Uno dei suoi biografi dichiara che il consumo di carne da
parte di Hitler si limitava perlopiù alle salsicce.
Quali che fossero le sue preferenze dietetiche, Hitler
mostrò poca simpatia per la causa vegetariana in
Germania. Quando salì al potere
nel 1933, bandì tutte le associazioni vegetariane
in Germania, ne arrestò i dirigenti, e chiuse le
principali riviste vegetariane pubblicate a Francoforte.
La persecuzione nazista costrinse i vegetariani, una piccolissima
minoranza in una nazione di carnivori, a lasciare il Paese
o ad entrare in clandestinità.
Un pacifista e vegetariano tedesco, Edgar Kupfer-Koberwitz,
fuggì a Parigi e poi in Italia, dove fu arrestato
dalla Gestapo, e mandato al campo di concentramento di Dachau
(vedi capitolo 8). Durante la guerra, la Germania nazista
bandì tutte le organizzazioni vegetariane nei territori
da essa occupati, anche se le diete vegetariane avrebbero
potuto contribuire ad alleviare la carestia alimentare del
tempo di guerra.
Secondo lo storico Robert Payne, il
mito del rigido vegetarianismo di Hitler fu soprattutto
opera del Ministro della Propaganda della Germania nazista,
Joseph Goebbels:
L'ascetismo di Hitler giocò un ruolo importante
sull'immagine di sé che proiettava sull'intera Germania.
Secondo la leggenda, a cui molti danno credito, Hitler non
fumava, non beveva, né mangiava carne, né
aveva niente a che fare con le donne. Solo la prima cosa
era vera. Beveva spesso birra e vino diluito, aveva una
speciale passione per le salsicce bavaresi, e aveva un'amante,
Eva Braun, che viveva tranquillamente con lui al Berghof.
Ebbe an che altre storie discrete. Il suo ascetismo era
un'invenzione di Goebbels per enfatizzare la sua totale
dedizione, il suo autocontrollo, la distanza che lo separava
dagli altri uomini. Con questa dimostrazione plateale di
ascetismo, poteva rivendicare di essere completamente dedito
al servizio del suo popolo.
In realtà, Hitler era "notevolmente indulgente
con sé stesso, e non possedeva alcuno degli istinti
degli asceti", scrive Payne.
Il suo cuoco, Willy Kannenberg, era un uomo enormemente
grasso, che preparava piatti squisiti e si comportava come
un buffone di corte.
"Sebbene Hitler non avesse alcuna passione per la carne,
ad eccezione delle salsicce, e non mangiasse mai pesce,
amava il caviale. Era un profondo estimatore di dolci, frutta
caramellata, e torte di panna, che mangiava in quantità
incredibili. Beveva tè e caffè affogati nella
panna e nello zucchero. Nessun dittatore ha mai avuto un
simile gusto per il dolce".
Per quanto riguarda la compassione e la
gentilezza, queste erano un anatema per Hitler, il quale
riteneva che il potere determina il diritto ed il forte
merita l'eredità del mondo. Aveva una radicale avversione
per la filosofia vegetariana non violenta, e si faceva beffe
di Gandhi.
La convinzione di base di Hitler era che la natura è
dominata dalla legge della lotta. Voleva che i giovani tedeschi
fossero brutali, autoritari, impavidi e crudeli ("La
gioventù che crescerà nella mia fortezza metterà
paura al mondo"). Non dovevano essere deboli o gentili,
"deve di nuovo risplendere nei loro occhi la luce della
libera e meravigliosa bestia predatrice.
Voglio che i miei giovani siano forti e belli".
Hitler riassunse una volta la sua visione del mondo in
una singola, breve frase: "Colui che non ha potere
perde il diritto alla vita".
La presunta passione di Hitler e di altri capi nazisti
per gli animali, specialmente per i loro cani, è
stata analizzata da Max Horkheimer e Theodor Adorno. Per
certe personalità autoritarie, scrivono, l'"amore
per gli animali" è parte del loro modo di intimidire
gli altri. Quando i magnati dell'industria ed i capi fascisti
vogliono avere animali domestici, scelgono sempre animali
dall'aspetto intimidatorio, come alani e leoncini, per avere
ulteriore potere attraverso il terrore che questi ispirano.
"Il colosso assassino fascista si pone così
ciecamente di fronte alla natura, da vedere gli animali
solo come un mezzo per umiliare gli uomini. L'interesse
appassionato dei fascisti per gli animali, la natura ed
i bambini affonda le sue radici nel gusto della persecuzione".
In presenza del potere, nessuna creatura è un essere
portatore di diritti. "Una creatura è meramente
una materia per gli scopi sanguinari del padrone".
Estratto da Uneterna Treblinka
Il massacro degli animali e lOlocausto,
di Charles Patterson, ed. Editori Riuniti, 2003
Materiale tratto da:
http://www.vegan3000.info/DettInfoNutrizionali.asp?Cod=135
